Introduzione dello stesso autore
“La conoscenza acquisita di persona dell'ambiente contadino e pastorale per aver trascorso la gioventù lavorando manualmente la terra, nonché la passione che ho sempre avuto per le antichità sarde, in modo particolare per le tradizioni popolari e per il folklore, mi hanno spinto a pubblicare questo modesto lavoro.
Esso non è altro che una semplice ed elementare raccolta di usi e costumi del passato e, direi, anche del presente, delle popolazioni rurali della zona del Monte Arci.
Nonostante il progressivo mutamento dei tempi, la nostalgia per le usanze del passato, spesso rievoca nella nostra mente il lavoro e le vicende dei nostri nonni.
Questo lavoro non ha pretese di saggio letterario ne scientifico in quanto io non ho potuto studiare materie classiche; si direbbe, più che altro, frutto di pratica e di esperienza. Anche per quanto ho scritto in lingua sarda, ho tentato di fare come meglio ho potuto, in quanto non sono a conoscenza delle vere regole lessicali e strutturali della lingua stessa.
Pertanto pregherei i cortesi lettori che sfogliano queste pagine che facciano conto di leggere o di ascoltare 'contus de forrèdda' (racconti del focolare) da un contadino che tenta, con modestia, di scrivere la storia orale della sua gente e di tener presente un proverbio sardo che dice: “chini non podi' messài spìgada” ossia chi non può fare un lavoro di notevole importanza, ne farà un altro più comune.”
Agostino Garau
(Il volume non è più in vendita, è consultabile presso la Biblioteca di Villaurbana).
Presentazione di Marcello Serra
“Una testimonianza d'amore vigile e operante”
Se ogni paese della Sardegna, o almeno ogni sua circoscrizione, avesse potuto contare su un Agostino Garau, la nostra isola potrebbe oggi vantare una raccolta di notizie e di pubblicazioni sul suo folklore così complessa e variata da competere più che degnamente con quella che il grande Giuseppe Pitré riuscì a mettere ìnsieme intorno alla sua Sicilia.
Purtroppo invece è mancata finora nei sardi, salvo qualche lodevole eccezione, l'ambizione, sorretta e alimentata da un amore vigile e operante per il proprio sito, di illustrare minuziosamente e con dati convalidati dall'esperienza diretta o da una indagine seria e attenta i singoli centri dell'isola sotto i loro molteplici aspetti fisici, etnici e storici.
Molto pochi e perciò assolutamente inadeguati sono infatti gli scritti dedicati a questo tipo di esame specifico delle tradizioni popolari limitato ad un unico villaggio o ad un'area circoscritta. A meno che non si voglia ancora citare il solito «Dizionario» del Casalis - Angius, che è certamente un'opera meritoria ed abbastanza particolareggiata, ma che, oltre a risultare ormai, dopo un secolo e mezzo dalla sua compilazione, superata in molte parti, presentava obiettivamente anche alle sue origini i limiti e le incertezze di una pubblicazione di enorme mole, intesa ad illustrare l'isola intera e le varie centinaia dei suoi paesi, la cui vastissima materia è stata ricercata, raccolta e infine esposta da un unico autore, il quale, fra l'altro deve essere stato ostacolato e fuorviato troppo spesso in fase di documentazione, ma anche di redazione, sia dalla scarsità delle fonti letterarie a sua disposizione, sia dagli ostacoli insormontabili frapposti ad uno studioso itinerante dalla Sardegna di allora, che era quasi interamente priva di strade, di efficienti mezzi di comunicazione e, per di più, insidiata in tante parti dai banditi.