Presentazione di Raimondo Zucca
L’opera di Emanuele Lai, “Villaurbana, paese tra due monti”, che qui si presenta, si distende su cinquecentoquarantaquattro pagine.
Il dato numerico deve far riflettere: il libro è un compendio di una appassionata e diuturna ricerca, avviata dall'Autore insieme al Professor Chicco Atzeni, anch’egli villaurbanese, venuto a mancare nel 1999.
Una ricerca fortunata quella di Emanuele Lai, poiché il suo libro rappresenta un possesso perenne per questa e per le future generazioni.
E la grande lezione dello storico delle Annales Lucine Févre: la storia si fa con i documenti, ma dove questi mancano la storia si fa con tutto il resto: dai frammenti di tegoli, al modo in cui si tracciano i solchi sul terreno per seminare, al costume etc.
Ecco, Emanuele Lai, figlio di Villaurbana e Sindaco di quella comunità per lunghi anni, ci restituisce la testimonianza di documenti (sempre scarsi soprattutto per i primi secoli della vita della villa) e, soprattutto, la testimonianza delle fonti orali e delle fonti materiali, da lui stesso e dai suoi concittadini possedute ancora tenacemente.
I libri sui singoli centri abitati rappresentano sempre un arricchimento della cultura, tant'è che sarebbe auspicabile che ogni provincia della Sardegna si dotasse nella propria sede della raccolta di tutti i testi pubblicati su ogni città o paese in cui si articola il territorio. E' un'antica proposta questa del Dottor Giuliano Nocco, del settore cultura della Provincia di Oristano, finalizzata alla nascita di questa biblioteca della memoria.
Nella estrema ricchezza dell'opera di Emanuele Lai possiamo indicare alcuni filoni che ci appaiono pienamente rappresentativi del metodo utilizzato dall'Autore.
Innanzitutto il paesaggio:
“Chi ha conosciuto la vecchia geografia di questo territorio, costituito da vaste zone coperte di macchia mediterranea da terreni coltivi (questi ultimi per la maggior parte delimitati con muri a secco o da siepi vive) sente una stretta al cuore nel vedere oggi piani e costoni spogli del loro naturale manto vegetativo e in buona parte recintati con rete metallica e col filo spinato”.
Il paesaggio di Villaurbana si dipana nella icastica e nostalgica descrizione di Emanuele Lai in forza della sua dynamis, la sua mutevolezza attraverso i secoli per il gioco combinato dei fattori naturali e di quelli antropicì.
E il paesaggio di Villaurbana è prima di tutto descritto dalla sua ricchissima topomonastica, in gran parte non registrata nelle tavole censuarie e nelle tavolette dell’Istituto Geografico Militare e della Carta Tecnica Regionale.
Sono gli idronimi, gli omonimi, i prediali a descrivere la mutazione del paesaggio nei secoli, facendo riferimento a s’Arangiu aresti, o a su Quibi (covile) Giuanni Mebi o a su Cuadroxiu de is Paras, possedimento di un ordine monastico, antecedente le leggi eversive dell'Asse ecclesiastico del 1866/1867.
Ancora la toponomastica ci serba dei relitti della parlata dei Paleosardi, i costruttori di nuraghi e forse dei loro predecessori che sfruttavano i giacimenti di ossidiana del Monte Arci: Pedra Moguru, che ripete il lessema moguru di sicura pertinenza preromana.
Inoltre è segnato il passaggio e lo stanziamento dei Cartaginesi dal toponimo Paba su Zippiri, in riferimento al rosmarino nella parlata punica (Tzibburim).
Gli esempi potrebbero continuare, ma il puntualissimo elenco dei nomi delle regioni del territorio comunale di Villaurbana, alle pagine 72-75, rappresenta una miniera da cui attingere per future ricerche di vastissimi campi specialistici.
Vi è poi l’acuta riflessione sulla origine di Villaurbana, intendendosi con questa tematica non tanto la ricerca sull'insediamento antico e medievale diffuso sul territorio, quanto l'indagine sui modi in cui si coagulò lo stanziamento urbano nell'area del 'centro matrice' di Villaurbana, quale possiamo definire attraverso la cartografia storica.
Di rilievo, nella questione, è la rigorosa raccolta dei documenti medievali (Rationes Decimarum Italiane - Sardinia del 1342, 1446-1350, 1357-1359;Testamento di Ugone Il del 1335; Atto di pace tra Giovanni 1 d'Aragona e Eleonora d'Arborea del 1388) che menzionano per la prima volta Villa Urbana nelle varianti Villa Albana, Olbana, Orbana etc.
A fronte della ipotesi etimologica latina, sostenuta caparbiamente nel 1884 da Ettore Pais, in funzione di una statio della via per Vselis, sta la possibilità che la forma latina del poleonimo sia dovuta ad una rideterminazione paretimologica di un precedente toponimo paleosardo, Orbana.
Ne consegue la possibilità di una continuità insediativa di Villaurbana dall'età del Bronzo ai nostri giorni. In questo senso parlano anche i nuraghi prossimi all'area dell'abitato, come Bidella, da cui, peraltro, proviene un ripostiglio monetale romano (con estremi costituiti da emissioni di Traiano e Treboniano Gallo) e una placca circolare in bronzo decorata da colombe e rosette, opera bizantina affine all'altro esempio di San Giovanni di Zerfaliu.
Infine ricorderemo le amplissime trattazioni sul mondo del lavoro, la società, le tradizioni popolari, le feste.
Il materiale di questo libro rappresenta un brillante contributo alla storia, alla cultura, alla geografia di un territorio, disteso tra i due monti del Grighine e dell'Arci: è un tributo appassionato e critico di un illustre figlio di Villaurbana alla sua terra d'origine.
Il volume è ancora in distribuzione.