Cenni Storici tra Territorio e Tradizioni

Origini di Villaurbana - Precisi Riferimenti testuali

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Descrizione

XIII e XIV secolo

Il primo preciso riferimento al paese è datato al 1228, anno in cui avvenne la donazione da parte del giudice del regno di Arborea Pietro il Basso delle montagne di Gai e Florissa del territorio di Villa Albana alla chiesa san Martino di Oristano, ossia ai monaci benedettini del monastero cui apparteneva la stessa chiesa.
Un'altra notizia si ricava dal sinodo diocesano arborense (1704 - 1717), dal quale risulta che nel 1273 l'arcivescovo Abelardo - dell'ordine di minori conventuali - si recò a villa Albana per consacrare un altare.
Ancora, l'esistenza della parrocchia - e quindi del paese - è attestata per il 15 maggio 1342 in riferimento ai versamenti delle decime dovute alla Santa Sede: Villa Urbana versa 5 libbre e otto soldi; tra il 1346 e il 1350 complessivamente 5 libbre, 49 soldi e dodici denari; tra il 1357 e il 1359 la rettoria detta di villa Albana elargisce quindici soldi alla Camera Apostolica, quali residui delle decime biennali e triennali stabilite dal Vaticano per sostenere le spese di guerra contro i turchi
Ulteriore fonte relativa al XIV secolo è il documento di pace stipulato nel 1388 fra il regno di Arborea e i catalano-aragonesi del regno di Sardegna e Corsica, nel quale compaiono per la parte arborense tutti i rappresentanti delle ville giudicali: Villaurbana concorse con gli altri comuni del dipartimento all'elezione del sindaco della curatoria che, coi sindaci degli altri cantoni, doveva giurare pace e sottoscrivere il trattato. Dal Codex Diplomaticus Sardiniae si ricava che le trattative e gli accordi si ebbero nella piazza della chiesa di san Geminiano in Villa Simagis, sotto la procura di Thomeus Sogia de Villa sancte Lucia (l'odierna Siamanana). Partecipò ai lavori il majore de Ville Albane, tal Lesio Loddo, la massima autorità civile del villaggio - come il sindaco di oggi.

XVII secolo

Altro riferimento si rinviene a proposito della guerra dei trent'anni che vide la partecipazione della nobiltà e dei fanti sardi affianco degli eserciti spagnoli: fra il 1628 e il 1650 partirono dall'isola tra i diecimila e i dodicimila soldati. La Sardegna, anche se marginalmente, e in maniera del tutto occasionale, partecipava, a seguito dell'invasione francese della città di Oristano nel febbraio del 1637, appunto alla fase definita “francese” della guerra. In questo frangente sindaco di Oristano era il dottore in utroque iure don Angelo de Moncada il quale, per assicurare una costante e attiva sorveglianza del territorio, chiedeva all'assemblea stamentaria di poter estendere la tassa di due cagliaresi (moneta di rame equivalente a due denari) - che ciascun vassallo era tenuto a versare mensilmente per i salario degli alcadi, artiglieri e soldati preposti alla vigilanza del territorio della città di Oristano e dei campidani - anche gli abitanti delle ville di Riola, Cabras e Villaurbana, esenti da tale obbligo. Non è dato sapere il motivo di tale esenzione.

XVIII e XIX secolo

Nel periodo che va dal 1767 al 1837 si delineò la fisionomia istituzionale del Feudo d'Arcais che abbracciava grossomodo l'attuale territorio oristanese. Il documento che va sotto il nome di Atti di compusione (16 giugno-10 luglio 1788) prende l'avvio da una iniziativa di don Damiano Nurra marchese d'Arcais e rappresenta una quasi unica testimonianza di carattere sociale, economico e anagrafico. La compusione, infatti (nel linguaggio dell'epoca significava ad un tempo “controllo” e “coazione” o “imposizione), era la procedura che il feudatario imponeva alle autorità competenti affinché si verificasse con cura il diritto all'esenzione del pagamento del Llaor de Corte, tributo che doveva essere pagato da tutti i vassalli in denaro o in grano. Nel documento, suddivisi per ville soggette a tributo, sono elencati tutti i capifamiglia viventi nel 1788, distinti tra contribuenti indiscutibili e abitanti che si ritenevano esenti da tali obblighi.
Dal testo dell'atto si ricava il nominativo del sindaco di Villaurbana per il 1788, Salvatore Usai, e di uno dei consiglieri comunali, Giuseppe Meloni.
Dopo l'unità d'Italia, il Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, con circolare del 14 dicembre del 1879, chiese alle prefetture sarde di fare un'indagine al fine di conoscere e segnalare “quelle persone che dedicano la loro opera al progresso verso l'Agricoltura”. L'elenco ufficiale fornito al Ministero comprendeva, per quanto riguardava il circondario di Cagliari e nello specifico il comune di Villaurbana, la citazione di Giuseppe Laconi e Efisio Zucca in riferimento alla voce “Agricoltura e allevamento di bestiame ovino e bovino”.

Il territorio

Villaurbana geograficamente appartiene alla provincia di Oristano, città dalla quale dista solo pochi chilometri. È situata tra il monte Arci e il monte Grighine, in una zona collinare ricca di vigneti, uliveti e campi di grano, scelta già in epoca molto remota a dimostrazione dei numerosi insediamenti nuragici che ci sono sul proprio territorio.

Grazie alla buona terra si producono ottimi vini, olio e soprattutto il pane, quello fatto in casa, per il quale Villaurbana è conosciuta anche a livello nazionale.

Attorno al centro abitato, le cui costruzioni rispecchiano le tradizionali strutture campidanesi, si estendono zone di natura mediterranea, mentre, soprattutto ai piedi del monte Arci, la vegetazione della montagna, caratterizzata dal lecci e querce, si mantiene ancora buona, con zone adibite a punto ristoro.

Nel complesso del monte Arci, inoltre, popolato di selvaggina, esistono numerose sorgenti di acqua purissima, da cui nascono piccoli corsi d'acqua, che scorrono in canali sottostanti.

Cultura e fede

E' innanzitutto la lingua locale, il dialetto campidanese, che tiene vivo il legame tra presente e passato.

Nonostante l'avvento della modernità, il paese non ha dimenticato alcune delle sue tradizioni più belle, legate soprattutto alla cultura e alla religiosità.

Il ballo tradizionale, così come l'arte della poesia improvvisata in limba tengono vivo il ricordo di un tempo. Le feste religiose, promosse dalla parrocchia, dedicata a Santa Margherita, conservano, in alcuni momenti dell'anno liturgico, attimi di intensa fede e suggestive celebrazioni.

Villaurbana da visitare

Gli itinerari naturalistici che il territorio offre agli amanti della natura sono variegati e suggestivi. Ai piedi del monte Arci, aree attrezzate, con limpide sorgenti, permettono momenti di sosta per passeggiate in solitudine o di gruppo. Addentrandosi all'interno delle aree boschive, invece, lungo sentieri di media difficoltà si potranno ammirare piante secolari e una ricca vegetazione.

All'interno del vasto territorio comunale si contano circa 38 siti nuragici. Alcuni di essi, come quelli di Bau Mendula, Turriu, Crannaxiu, sono integri e possono essere visitati percorrendo sentieri naturali da cui si possono ammirare paesaggi davvero suggestivi.

L'urbanizzazione del paese, tipicamente di impostazione campidanese, è rimasta immutata in alcuni rioni, soprattutto quelli più vecchi. Lo rivelano gli antichi portali che aprivano ai cortili e alle “lolle” e che ancora oggi caratterizzano le vie storiche, riportate al selciato, in alcuni tratti del centro abitato.

Il pane di Villaurbana

Nonostante la sua coltivazione sia venuta sempre di più in disuso con il passare degli anni, Villaurbana conserva, all’interno del suo territorio, vaste produzioni di grano.
Per questo motivo, mantenendo un’antica tradizione che si tramanda da generazioni, in molte famiglie, ancora oggi, si produce “su pani de su trigu”, il pane del grano, il tipico pane casalingo.

Tra i segreti della cosiddetta “arte bianca”, secondo i consigli delle brave massaie, l’adoperare il grano vecchio prodotto nell’annata precedente, l’utilizzare frumento macinato con la mola sarda, un’attenta lavorazione sia della farina prima della pasta poi, l’attenzione agli ingredienti di contorno come l’acqua e il clima.

Oltre alle tradizionali forme destinate all’uso quotidiano, come “sa prezzida” o “su tureddu” di pasta dura, o “sa moddixina” o “sa lada” di pane soffice, particolarmente conosciute sono le forme decorate o quelle create per la festa, che fanno de “su coccoi fattu in domu” un ingrediente gustoso e artistico allo stesso tempo.

Modalità di accesso:

Accessibile a piedi o su ruota tramite strada asfaltata

Indirizzo

Contatti

  • Telefono: 078344104

Pagina aggiornata il 24/05/2024